Situato alle pendici dell’Etna, il nuovo polo sportivo catanese arricchisce con la sua maestosa sobrietà uno di quei vuoti urbani da lungo tempo in cerca di identità. In un ritaglio di città abbandonato, tra fabbricati residenziali tipici degli anni ‘80, inseriti in un tessuto frastagliato e disomogeneo, un lembo di terra di circa 12000 mq accoglie un’articolata costruzione destinata ad ospitare attività di varie categorie, dedicati agli amanti dello sport e del movimento in genere. I volumi che la compongono dividono idealmente in quattro parti il lotto su cui insiste, ricavando all’esterno un’area a parcheggio e tre campi da calcio outdoor: una stecca centrale ad un solo livello percorre longitudinalmente il terreno. Su di essa un camminamento esterno collega la piscina a cielo aperto posta in copertura di una delle numerose sale per il fitness situata a sud con la porzione a nord del complesso architettonico, quasi sventrando in mezzeria, attraverso un taglio obliquo percepibile zenitalmente, un corpo di fabbrica centrale, più ampio e più largo, che rappresenta il fulcro principale dell’idea progettuale. Un volume in cemento faccia a vista, leggermente inclinato quasi ad adagiarsi sul lieve dislivello al centro del lotto, si innalza per un’altezza di circa 8 metri e nella sua regolare rigidità esteriore contiene al suo interno spazi differenti, che si incastrano fra loro in un articolato gioco di doppie altezze e tagli irregolari. Tutto il progetto si basa sulla dinamica organizzazione di ambienti diversificati per tipologia, che seguono i flussi derivanti dall’innesto delle numerose attività previste ai vari livelli. Si riconoscono, corredati dai necessari servizi di supporto, spazi destinati ad attività natatorie (tre vasche coperte al piano terra), al fitness (cinque sale dislocate in più punti), all’intrattenimento ludico per i più piccoli (una ludoteca con spazio-gioco esterno), alla ristorazione (una sala ristoro servita da bar con vista sui campi e internamente sulla piscina più grande). Questi stessi ambienti, per la maggior parte comunicanti minimamente con l’esterno, si schiudono intimamente verso ridotti angoli a cielo a aperto, quasi ad escludere l’insignificante intorno dalla frenetica e vivace organizzazione degli spazi custoditi. Una scelta progettuale basata sull’implosione, un fabbricato chiuso su se stesso che vive del suo interno, dialogando con l’esterno solo tramite ricercati scorci che poco lasciano intravedere l’infelice contesto in cui si inserisce.
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