Costruire sul costruito non vuol dire rinunciare all’architettura, anzi è proprio dal confronto tra nuovo e antico che si enfatizza l’intensità espressiva dell’uno e dell’altro, intervenendo da un lato, senza forzatura delle capacità prestazionali degli edifici storici e delle loro qualità architettoniche; dall’altro senza mimetismi, ma sviluppando una logica costruttiva compatibile, in grado di dialogare con le preesistenze.
Il tema dell’inserimento del nuovo all’interno del costruito costituisce uno dei temi d’indagine più importanti della ricerca progettuale contemporanea, soprattutto se riguarda aree interne del tessuto compatto della città storica. Esso infatti offre numerose interessanti relazioni con l’intorno, destinate a trasformarsi in efficaci riflessioni per l’avvio al processo compositivo contemporaneo.
Il costruire nel costruito viene inteso nella duplice accezione di costruzione ex novo di un manufatto o di costruzione in manufatti architettonici esistenti variando talvolta la funzione e la destinazione d’uso; operazione necessaria al fine di tenere in vita una qualunque opera di qualsiasi datazione o caratteristica architettonica.
Nella presente tesi il riuso consente di conferire un nuovo contenuto funzionale e formale ad elementi edilizi dotati di un valore architettonico che può essere confermato e potenziato. In questo caso si tratta di un’ex chiesa, con un’idea progettuale che sviluppi le tematiche inerenti alla sostenibilità, con la sperimentazione di nuovi materiali e tecnologie, utilizzando un sistema a secco che non intacchi l’esistente e che ne consenta la smontabilità in un tempo futuro quando ne sopraggiungesse la necessità.
Sulla base di queste premesse si sviluppa il concept progettuale, con l’intento di voler valorizzare e rivitalizzare questo piccolo edificio storico rispettandolo, ma reinterpretandone lo spazio e attribuendone un nuovo significato, fondendo storia e tradizione: la destinazione prevista sarà un laboratorio di ceramica, attività tipica della città, con un’area espositiva.
Attraverso tale tesi si è cercato di studiare il modo in cui intervenire all’interno di una preesistenza, per la precisione un’ex chiesa, ormai sconsacrata e abbandonata, che purtroppo non ha lasciato alcuna testimonianza storica a parte la facciata principale. La sfida è stata quella di trovare una sintesi ove il rapporto tra il vecchio e il nuovo rifletta un necessario reciproco rispetto, ma anche di mirare ad una maggiore qualità del luogo.
Dal punto di vista architettonico, è stata tenuta pienamente in considerazione la facciata della chiesa, isolandola per valorizzarla e poterla ammirare sia dall’esterno, ma anche dall’interno. Il volume finale ha seguito la forma originale della chiesa, con un’identica pendenza delle falde, in modo tale da farlo comunicare il più possibile con l’esistente senza sembrare un corpo totalmente estraneo; nello stesso tempo un piccolo aggetto laterale rompe il volume classico e semplice, raffigurandosi come un elemento alla ricerca di qualcosa: la vista, il rapporto col mare. Il colore, un effetto bronzo non appariscente, ma che si adegua con i colori del contesto, a cui viene unito un bianco che, come nel caso precedente dell’aggetto, vuole creare un contrasto rispetto al volume pieno, venendo di fatto utilizzato nella struttura della corte interna e nell’aggetto stesso.
Il rispetto del luogo non si manifesta solo nella parte estetica, ma anche e soprattutto dal punto di vista strutturale e dei materiali. In tal caso la sfida è stata quella di trovare un sistema di tecnologie a secco che non intacchi l’esistente e che ne consenta la smontabilità in un tempo futuro quando ne sopraggiungesse la necessità. Il tutto attraverso la ricerca di materiali innovativi, naturali, ecologici, sostenibili e interamente riciclabili.
Il discorso si è allargato anche all’intero quartiere che, con simili premesse, si è cercato di riqualificare per dargli una migliore vivibilità e valorizzazione.
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