Il progetto nasce dall’idea di creare un rifugio dal mondo, un luogo dove sostare al riparo e ammirare il paesaggio, per riposarsi e riflettere. Un piccolo progetto che contiene innovazione ed emozione, dove le forme della natura dialogano con quelle dell’architettura in un’atmosfera calda e accogliente dell’ambiente interno. Fuori la maestosità della natura, dentro la comunità degli uomini. Tra loro, la membrana protettrice e materna del rifugio “Antonella Panepucci”.
Come l’escursionista celebra nell’abbraccio con la roccia il proprio legame con la natura, il nuovo rifugio cerca nel confronto con la montagna il limite delle proprie possibilità costruttive, segnate da vento, pioggia, neve, esposizione, morfologia e substrato del sito. Vi è qualcosa di etico in tutto questo, ma anche al tempo stesso una sorta di nostalgia: ritrovare nella natura, in un mondo contrassegnato dal dominio della tecnologia, la legittimazione e la radice del proprio operare.
IDEA
Da qui l’idea di unire natura e architettura, facendo svanire il confine tra intervento e contesto, ma lasciando un’armonia tra i due grazie ad una nuova interpretazione del progetto. Un rifugio che si protegge, respira e dialoga con la natura circostante, idea ripresa dalle tradizioni antichissime delle costruzioni nelle nostre montagne. Il progetto architettonico segue la filosofia del genius loci per inserire il rifugio nell’ambiente montano, tracciando con le sue linee inclinate la naturale pendenza della montagna ed utilizzando materiali locali come il legno e la pietra.
Per l’involucro del rifugio abbiamo pensato al vecchio stabile come luogo della memoria, in cui si conserva l’essenza e la tradizione di un passato che ha il diritto di essere ascoltato e ricordato con grande rispetto. L’impianto architettonico sarà così caratterizzato da un volume solido e compatto, un linguaggio fortemente iconico e rigoroso che ha nel mantenimento dell’attuale sagoma del rifugio “Antonella Panepucci” la chiave per un’innovazione distributiva interna. Questo edificio nella sua semplicità vuole raccontare il tema dominante del nostro tempo: la terra è fragile, l’architettura deve cimentarsi con questo problema, ma deve assumersi le proprie responsabilità.
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