Questo progetto è un riassunto della mia tesi di laurea magistrale in “Architettura per il progetto sostenibile”. Si tratta di un piano di ampliamento di un rifugio alpino, situato nelle Dolomiti di Brenta, e bisognoso di interventi.
Il lavoro si è suddiviso in due fasi principali: una di conoscenza e una di progetto.
Nella fase di conoscenza è stata ricostruita l’intera storia dell’edificio, arrivando ad ottenere uno schema di tutte le mutazioni subite in più di cento anni.
Successivamente è stata condotta un’analisi del sito tramite l’elaborazione dei dati geo-referenziati, messi a disposizione dalla Provincia autonoma di Trento.
Mettendo a sistema tutti i dati raccolti è stato così possibile ottenere un quadro riguardante i punti di forza e i punti di debolezza sul quale si è andato a fondare l’intero progetto.
Guardando l’edificio in sezione si nota che è stato essenzialmente diviso in due ambienti. La parete inclinata separa i locali riscaldati, a destra, dallo spazio serra, non riscaldato.
La distribuzione verticale è stata inserita all’interno del cavedio ricavato dalla demolizione di parte dei solai. La scala, che si compone di tre rampe non allineate tra loro, è stata addossata alla parete in pietra in maniera di evitare eventuali ombre portate sulla parete inclinata e permettendo allo stesso tempo una maggior penetrazione della luce naturale. Tre ballatoi, agganciati ai relativi solai con staffe metalliche a forcella, permettono di raggiungere tutte le stanze ai piani superiori. Le stesse rampe conducono anche ai due terrazzini sospesi all’interno della serra.
Solitamente, i rifugi sono realizzati con strutture molto coibentate al fine di ridurre al minimo le perdite di calore verso l’esterno. Così facendo si esclude la possibilità di approfittare degli apporti gratuiti.
Con il proposito di minimizzare gli sprechi e aumentare gli apporti gratuiti, è stata considerata l’opportunità di realizzare un ambiente vetrato a tutta altezza che occupa l’intera facciata sud-ovest del rifugio. All’interno di questo spazio sono stati collocati tutti quei servizi accessori che non devono essere necessariamente riscaldati.
Alcuni elementi inseriti all’interno della serra contribuiscono direttamente all’innalzamento della temperatura e al suo mantenimento durante la notte. Innanzitutto, per incrementare l’effetto serra, sono impiegati vetrocamera con rivestimento basso emissivo che riflettono il calore verso l’interno limitando le dispersioni.
Il muro esistente funge da parete massiva, accumulando il calore durante il giorno e rilasciandolo di notte tramite l’irraggiamento dell’energia termica accumulata. Dall’alto della serra, e dalle aperture della parete, la luce solare arriva a colpire anche la parete divisoria inclinata. Mediante l’applicazione di una vernice scura sulla superficie rivolta verso la serra, si aumenta la capacità di assorbimento della radiazione.
Il fenomeno che si viene a creare è simile a quello del muro di Trombe da cui si differenzia per la maggior distanza tra vetro e parete. Anche il flusso dell’aria assumerà un andamento analogo. L’aria calda tenderà a salire anteriormente alla parete, dove l’esposizione è migliore, per poi tornare verso il basso nella parte retrostante che rimane in ombra.
La luce, che entra dalla copertura, è ridotta dalla presenza dell’impianto fotovoltaico integrato che occupa quasi il 50% della superficie vetrata.
Per verificare che la serra sia realmente capace di scaldarsi e in grado di migliorare l’efficienza dell’intero rifugio, è stata fatta una simulazione energetica.
I prospetti sud-est e nord-est che rimangono esposti all’esterno devono essere isolati dall’interno, per non mascherare la struttura in pietra.
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