'Borgo Biologico' è un progetto di riqualificazione e recupero di una sequenza di alloggi e spazi integrati, di estensione circa 4.000 mq, nel centro storico di Cairano (AV), in Alta Irpinia, Campania. Cairano è un borgo rurale, di origine medievale, a 800 m. slm, collocato sul punto più alto di una rupe. In seguito al sisma che nel 1980 ha colpito l'Irpinia, il paese è stato parzialmente abbandonato e attualmente vi risiedono soltanto 300 abitanti.
In prossimità dei resti del castello di epoca longobarda, una contorta area di risulta, delimitata e protetta da diruti fabbricati in muratura, è stata trasformata in una cavea per il teatro all’aperto, in cui oggi si esibiscono artisti di respiro internazionale. L'orografia del sito, caratterizzata da una notevole pendenza, ha suggerito la disposizione della gradinata in pietra, orientata verso valle e con vista verso montagne e borghi della vicina Basilicata che divengono una straordinaria scenografia. Il teatro accoglie circa 200 spettatori e l’ampio “palcoscenico” è stato ricavato sull’area di sedime di un fabbricato che volutamente si è scelto di non ricostruire. Per la riqualificazione e il recupero delle case e i diversi alloggi, disseminati per il Borgo, sono stati impiegati materiali lapidei di provenienza locale, insieme al legno lamellare e all’acciaio corten. I terrazzi panoramici sono stati lastricati con malta dalle tonalità chiare e costituiscono oggi i punti di osservazione più ambiti sia durante gli spettacoli che per ammirare il panorama circostante. L'obiettivo primario dell'intervento di riqualificazione edilizia, guidato da Angelo Verderosa, è stato quello di ristabilire un dialogo tra architettura e paesaggio, recuperando antichi luoghi, ritenuti una preziosa risorsa a servizio della comunità. Usando la gomma più che la matita. Il progetto ha puntato alla rifunzionalizzazione di fabbricati e spazi urbani, ricercando un nuovo equilibrio tra residenti, territorio e potenziali nuovi abitanti. I ruderi, che all'inizio dei lavori versavano in un grave stato di degrado, oggi sono stati riadoperati come residenze per artisti, una piazza-teatro dove si tengono le master-class sui mestieri dello spettacolo, riservando forte attenzione alla cultura, all'arte e allo spettacolo per una rivitalizzazione del luogo. Il capitolato di appalto ha incentivato l’impiego di tecniche, materiali e manodopera locali e ha imposto il riutilizzo dei materiali aridi provenienti da svellimenti e demolizioni -evitando materiali da cave- con l’obiettivo di realizzare un’opera sostenibile dal punto di vista ecologico. Il progetto è stato selezionato ed esposto alla 16^ Biennale Architettura di Venezia 2018, nel Padiglione Italia curato dall’architetto Mario Cucinella.
Il recupero dei comparti
L’appalto, iniziato nel 2016, ha coinvolto due unità edilizie omogenee: il comparto “Castello” a monte, in prossimità dei resti del castello e il comparto “Sotto-Chiesa”, baricentrico rispetto al Borgo, posti a poca distanza l’uno dall’altro. Nel comparto Castello, gli edifici recuperati si abbracciano intorno a una piccola piazza protetta, che è divenuta la cavea di un teatro. La biglietteria e i servizi igienici per il pubblico sono situati a monte, in un piccolo fabbricato con copertura progettata a terrazzo da cui si gode un’ampia vista sul lago di Conza. Sono stati ricavati inoltre: un ambiente terraneo destinato a camerini e servizi igienici correlati al teatro, due alloggi di cui uno con terrazzo ed un altro con grotta termale, varie sale destinate al ristoro, una cucina con annessa dispensa ricavata in un’antica stalla del castello; infine due interessanti cavità naturali sono state destinate a cantina-museo. I terrazzi, lastricati con malta di calcare bianco, denotano la scelta di ridurre la volumetria complessiva del luogo e alcune parti dei vetusti fabbricati non sono state ricostruite. Nel comparto Sotto-Chiesa sono stati recuperati tre alloggi autonomi di cui due dotati di terrazzo panoramico, una piccola sala per convegni là dove era il vecchio “forno comunitario” e un’ampia e complessa superficie destinata al “Museo delle relazioni felicitanti”. Quali interventi correlati si segnala la messa in sicurezza e ripavimentazione di una serie di vicoli che portano ai comparti recuperati e che versavano in stato di abbandono; è stata inoltre recuperata un’antica “rampa storica” che collegava il borgo al fiume e su cui fonda il mito del luogo.
Ante operam
I fabbricati dei suddetti comparti, all’inizio dei lavori presentavano gravi fenomeni di degrado, dovuti a: • fessurazioni e lesioni delle murature in pietra, provocate dalle sollecitazioni del sisma, in particolar modo dove erano presenti canne fumarie e cavità varie interne ai muri; • crollo delle coperture dovuto ai ripetuti carichi di neve e alla prolungata assenza di manutenzione; • imbibizione delle superficie murarie, degli intonaci, delle pavimentazioni e dei solai lignei dovute alle infiltrazioni di acqua piovana che nel periodo invernale hanno indotto microfessurazioni e distacchi per l’azione del gelo; • assenza di cordoli di piano: i solai in legno venivano posati direttamente nei fori predisposti nella muratura; durante il sisma numerose travi sono fuoriuscite dai fori di allocazione; • superfetazioni, consistenti spesso in cabine-bagno in aggetto rispetto alle murature, inoltre volumi addossati di vario genere e funzione; • dissesto e dislocazioni della tessitura muraria, dovuti alla progressiva decoesione delle malte; • diffusione incontrollata della vegetazione sulle murature e nelle aree di sedime; • sfaldamento e degrado dei letti di malta, sui paramenti murari esterni, a causa del dilavamento e delle infiltrazioni delle acque meteoriche.
Tipologia di intervento realizzato
La prima fase dei lavori ha registrato la rimozione delle superfetazioni e delle parti murarie ammalorate ed in fase di crollo o distacco. Ampie parti di muratura, a causa dell’avanzato degrado delle malte originarie, sono state smontate col solo uso delle mani. I materiali provenienti dalle demolizioni, quali coppi, pietre e mattoni, sono stati selezionati e accantonati per essere riutilizzati nelle fasi successive. Data la posizione di altura del comparto Castello, non è stato possibile operare in cantiere con mezzi meccanici; tutti i trasporti, sia di adduzione che di allontanamento, sono stati di conseguenza eseguiti a mano e con carriole; anche gli impasti di malte e conglomerati hanno richiesto l’utilizzo di piccole betoniere e molazze elettriche. Rimosse le parti pericolanti e puntellati i ruderi, si è proceduto alla messa in sicurezza e incordolamento del sistema fondale, in gran parte fondato su conglomerati emergenti; si è quindi proceduto con l’integrazione e il consolidamento delle murature preesistenti unitamente al recupero o sostituzione di piattabande e solai. Il ripristino della continuità muraria è avvenuto mediante la tradizionale operazione di “scuci e cuci”, riutilizzando pietre e mattoni di recupero: i pannelli murari sono stati risanati con iniezioni consolidanti di malta riattivante, antiritiro, a base di calce e pozzolane mentre le piattabande sono state ricostruite con assi di castagno massiccio.
Materiali utilizzati
Durante le prime fasi di cantiere sono stati rinvenute estese porzioni di muratura eseguita con blocchi di calcarenite, materiale proveniente dalle antiche cave di Canosa, che ha influenzato le successive scelte progettuali. Quando si è reso necessario perseguire l’adeguamento sismico (anzichè il 'miglioramento'), sono stati impiegati nuovi blocchi di calcarenite per ricostituire il lato murario interno, ammorsato man mano ai conci lapidei di recupero della muratura originaria, che è stata lasciata a vista sul solo lato esterno. Le parti ricostruite si distinguono per la presenza, in prospetto, di listature in calcarenite dal tipico colore giallo-dorato, che da un punto di vista meramente estetico, ben si coniugano con l’edificato circostante e con i campi di grano in lontananza che caratterizzano il paesaggio di Cairano. In particolare, nei fabbricati costituenti il comparto Castello sono stati realizzati nuovi solai piani con travette in legno lamellare, a differenza di quelli del comparto Sotto-chiesa, in cui è stato possibile recuperare parte dei solai esistenti, realizzati in putrelle di ferro e tavelle laterizie. Questi ultimi sono stati consolidati con una cerchiatura di profilati in acciaio, lasciati a vista, collegati a piastre capochiavi esterne realizzate in acciaio corten. Il legno lamellare adoperato è stato prodotto a 10 km dal cantiere; la scelta dei solai in legno è continuità di memoria statica con gli antichi solai di castagno ed è stata supportata dai risultati del calcolo strutturale. A parità di dimensioni, il legno pesa circa ¼ del calcestruzzo e in fase sismica sopporta deformazioni notevoli senza perdite di resistenza ed esibisce, in rapporto alla massa, un comportamento meccanico molto favorevole dovuto proprio alla massa ridotta e conseguente leggerezza. I pochi nuovi materiali sono stati scelti in base al criterio del minore impatto ambientale, valutato tramite metodo Life Cycle Assessment (LCA); procedura standardizzata che, come noto, analizza le prestazioni energetico-ambientali non soltanto del prodotto “finale”, ma anche quelle derivanti dall’intero ciclo di vita del suo processo produttivo: pre-produzione (incluse le fasi di estrazione e produzione dei materiali), produzione, distribuzione, uso, riuso e manutenzione, riciclaggio e, infine, dismissione finale.
Miglioramento e adeguamento sismico
L’intervento di “adeguamento sismico” progettato per il comparto “Castello”, dove è previsto un cambio della destinazione d’uso rispetto a quella originaria, ha permesso di passare dalla classe pre-intervento di rischio sismico “F”, all’attuale classe “A”: classi verificate in base al metodo convenzionale di cui al D.M. 58/2017. Per il comparto Sotto-Chiesa, dove il progetto confermava la destinazione d’uso originaria (alloggi), si è attestata la classe “C”: sono stati eseguiti interventi di “miglioramento sismico” che, a differenza delle azioni di “adeguamento sismico” hanno permesso una maggiore conservazione delle parti originarie quali murature e solai.
Sostenibilità energetico-ambientale
Per l’ottimizzazione energetico-ambientale degli organismi edilizi si è deciso di coibentare dal lato interno, lasciando a vista sui prospetti esterni le murature in pietra. È stato realizzato un intonaco termico, a base di calce e sughero, dello spessore di 6-8 cm, mentre per la coibentazione dei solai si proceduto stratificando pannelli isolanti e tavolati lignei. Le scelte sono state quasi sempre improntate a materiali ecologici, possibilmente prodotti a poca distanza dall’area di cantiere. Le coperture hanno struttura portante in legno lamellare, con sovrapposta stratigrafia coibentante e ventilante (camera d’aria per il raffrescamento estivo). Ai piani terranei, per l’isolamento e la ventilazione naturale, con fini di deumidificazione, sono stati utilizzati vespai a calotte in PVC riciclato. Il borgo di Cairano, come molti altri del circondario, non è servito da rete metano e, dato vincolo di tutela storica, non è possibile posare pannelli fotovoltaici o pannelli solare-termici sulle coperture in coppi laterizi. Per la climatizzazione invernale ed estiva del Comparto Castello, destinato ad usi collettivi, è stata quindi installata una pompa di calore ad inverter, del tipo VRF, alimentata elettricamente e con fancoils a parete. La soluzione adottata garantisce un’alta efficienza in termini di rapporto tra potenza elettrica assorbita e potenza termica emessa, con un valore pari al coefficiente di prestazione (COP) di circa 4. L’energia elettrica richiesta alla rete rappresenta pertanto il 25% del totale, mentre il restante 75% dovrebbe derivare da fonte rinnovabile che per quanto sopra esposto non è stato possibile realizzare. Il fabbisogno di ACS è affidato anch’esso a boiler alimentati elettricamente. Per la climatizzazione del Comparto Sotto-Chiesa, destinato prevalentemente ad alloggi, sono state installate caldaie a biomassa autonome per il riscaldamento e per la produzione di ACS nel periodo invernale. A fronte di fabbricati ben coibentati, avendo limitato al massimo le dispersioni termiche attraverso l’utilizzo di infissi, sistemi e materiali che garantiscono basse trasmittanze, il fattore discriminante, ai fini della certificazione energetica, è stata l’assenza di produzione di energia elettrica mediante fonti rinnovabili. Il Comparto Castello, destinato ad usi collettivi e servito da PdC si attesta in classe energetica “D” ma ipotizzando l’installazione di pannelli fotovoltaici e solari-termici, per la produzione rispettivamente di energia elettrica e di energia termica, si raggiungerebbe la classe energetica “A”. Invece, nel Comparto Sotto-Chiesa destinato prevalentemente ad alloggi, con l’installazione delle caldaie a biomasse si è potuta certificare la classe energetica “A3”.
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