LA LIBERTÀ DELLO SGUARDO NELL’IMMAGINARIO VISIVO ROSSINIANO
Il 28 agosto 1980 il sipario del Teatro Rossini si alzava per la prima rappresentazione della Gazza ladra, spettacolo inaugurale dell’edizione numero uno del Rossini Opera Festival. Mercoledì 22 settembre 2021 sono trascorsi esattamente 15.000 giorni da quella data. L’incidenza del ROF sulla città e la sua identificazione con essa costituiscono un legame che si attesta e rinnova quotidianamente da oltre quarant’anni; ci è quindi parsa assai pertinente la scelta del giorno come unità di misura per calcolare l’età del Festival. In quarant’anni di storia si è affermata, attraverso l’esperienza del ROF, la formula “musicologia più teatro”: un laboratorio di musicologia applicata, attuato fianco a fianco con gli studiosi della Fondazione Rossini, che è diventato un autentico viaggio collettivo alla riscoperta dei capolavori rossiniani dimenticati, intrapreso assieme al pubblico degli appassionati. Prima di tutto si è partiti con l’esclusione dell’inautentico dalle partiture, cardine della battaglia di civiltà culturale intrapresa dalla Fondazione Rossini assieme al ROF e a Casa Ricordi. Poi si sono definiti gli ambiti di reciproca autonomia fra ricerca musicologica e restituzione teatrale moderna, riassumibili nel principio del massimo rispetto della lezione musicale autentica con la massima libertà nei criteri della messinscena. Ed è proprio per questo che la storia del Festival ben si racconta anche attraverso alcuni dei più straordinari allestimenti che hanno animato i suoi palcoscenici, restituiti a nuova vita attraverso le maquettes, prima strumenti di lavoro e ora capolavori di artigianato, che doneranno allo spettatore la meraviglia del sapere delle mani e della creazione di mente e anima che ha caratterizzato una lunga storia di teatro in musica nella città di Pesaro.
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