All’interno di un articolato programma per infrastrutture pubbliche realizzate dallo studio in africa occidentale negli ultimi quindici anni, il Centro di Riabilitazione Psicomotoria «JIGI YA SO», affronta da diverse prospettive le problematiche legate all’handicap. L’obiettivo è di avviare un processo di integrazione e sensibilizzazione sul tema, ancora lontano dall’essere affrontato adeguatamente in queste aree sub-sahariane, dove la disabilità è ancora legata a credenze e tradizioni, e le persone portatrici di handicap sono spesso emerginate nelle famiglie, relegate all’interno delle proprie case e spesso prive di contatti sociali.
COMUNITA' E ARCHITETTURA
Nella Repubblica del Mali, nazione con più di tredici milioni di abitanti, ancora non esistono centri in grado di favorire assistenza e integrazione sociale per persone portatrici di disabilità sia fisiche che psichiche. L’opera è realizzata a Katì, città di oltre centomila abitanti, a soli venti chilometri dalla capitale Bamako, in un quartiere in rapida espansione. Pur non lontano dal centro, il tessuto urbano presenta un edificato sparso, privo di una logica di sviluppo urbano e di infrastrutture pubbliche, con costruzioni di massimo un piano realizzate in blocchi di cemento essiccati al sole e destinate a residenza e piccolo commercio spontaneo. Partendo da queste evidenti necessità, il progetto ha perseguito obiettivi legati ad una prospettiva di largo raggio temporale. Offre in qualche modo un segnale alla collettività ed alle istituzioni locali, integrando funzioni legate alla terapia, con funzioni aggregative aperte alla comunità ed alle associazioni cittadine. Si tratta di una struttura per bambini con disabilità di età compresa tra i tre e i quindici anni e contiene spazi per la riabilitazione individuale e di gruppo e aree aperte all’ integrazione sociale così come al sostegno delle famiglie dei pazienti. Oltre ad offrire un supporto terapeutico a persone portatrici di handicap, l’obiettivo è anche promuoverne l’inserimento nella comunità attiva, raccogliendo un bacino di utenza che coinvolge anche la popolazione residente nelle vaste aree rurali di savana della regione, laddove anche l’assistenza sanitaria di base è molto lontana dai minimi standard di sopravvivenza. L’impianto distributivo ricerca una integrazione sia compositiva che funzionale con l’immediato contesto. Locali per associazioni, laboratori, aree per eventi e quattro spazi aperti interni, innervano il progetto di elementi in grado di aprire le attività previste al contesto circostante. Il Centro di riabilitazione è il risultato del lavoro congiunto di committenza e progettisti, avviato fin dal 2005, che li ha impegnati non solo nella realizzazione architettonica, ma anche in un lavoro di sensibilizzazione sul tema a larga scala. Ne sono un esempio la costituzione ed il crescere dell’associazione di volontari locale « JIGI YA TON », che ne coordinerà l’attività, parte fondante il gruppo di lavoro, che attraverso un lungo processo, sta facendo evolvere nel tempo strategie e soluzioni per integrare il progetto al particolare contesto locale.
MATERIA E LINGUAGGIO
Su un terreno di 60x40 metri in discreta pendenza, si raccolgono le diverse funzioni protette da una unica copertura. Gli ampi portici si snodano affacciandosi su giardini ombreggiati, ciascuno dei quali dedicato alle diverse attività: accoglienza ed eventi, ginnastica e terapia. Come stanze a cielo aperto, caratterizzata ognuna da specie di alberature differenti, contribuiscono al confort ambientale dell’intero complesso. Un massetto di pavimentazione continua in getto di ghiaia e ossidi collega le due quote esistenti e consente l’uso degli spazi anche ad utenti con difficoltà motorie. Realizzato completamente con l’uso di materiali reperibili sul mercato locale, a livello costruttivo il progetto è modulato sulle dimensioni del blocco in cemento essiccato al sole (40x20x20 cm), utilizzato per tutte le costruzioni del vicino contesto urbano, e sul passo di sottili pilastri in ferro (80 mm), posti su una maglia strutturale di 250 cm. Sottili bucature nelle murature massive, riscontri d’aria in ogni locale, sono alcuni degli accorgimenti adottati per garantire protezione alle alte temperature ed un ottimale confort. Le murature a doppia testa sfruttano le intercapedini d’aria del blocco in cemento per migliorare il delta termico; i porticati proteggono dal sole diretto tutti gli ambienti interni. Un unico tipo di finestra, modulato sul blocco costruttivo, realizzato con sottili profili in ferro verniciato, facilita il passaggio all’aria e la protezione contro il sole diretto, la polvere e gli insetti. L’aggregazione di tale elemento, si adatta ai diversi orientamenti solari, alle esigenze degli ambienti interni garantendone la privacy e connota i caratteri compositivi dei fronti dell’edificio. La struttura orizzontale è protetta all’interno dei locali da un doppio tetto. Per poter assicurare ottimali prestazioni climatiche, pur nel ristretto budget a disposizione, la copertura in metallo è filtrata da una camera d’aria composta di tavole modulari di compensato realizzate localmente. Sottili bucature nei soffitti generano semplici moti convettivi di aria che facilitano la circolazione delle temperature più fresche a pavimento e l’aspirazione a soffitto delle temperature più alte. La finitura delle murature è realizzata con una tradizionale tecnica – localmente chiamata tyrolienne – prodotta con una miscela di sabbia, inerti a diversa granulometria, ossidi e una bassa percentuale di cemento. Il risultato è un strato di protezione delle murature, steso artigianalmente a mano, materico e resistente. All’interno del centro, i percorsi porticati sono ritmati da graffitti su intonaco. Alphonse Traorè, apprezzato artista locale, ha realizzato un ciclo di opere lavorando con segni e simbologie tratti dalla cultura bambarà, sui temi dell’uguaglianza e della convivenza sociale. Un pozzo dotato di pompa solare e pannelli solari uniti a un sistema di batterie soddisfano le forniture di acqua e elettricità necessarie al funzionamento dell’edificio. Le acque, convogliate nella torre all’ingresso, garantiranno l’autonomia idrica all’intero complesso.
progetto caravatti_caravatti architetti emilio caravatti, matteo caravatti collaboratori Jean Paul Ouattarà, Jacobe Coulibaly, Chiara Gugliotta, Elena Verri, F. Baldessari, Mattia Calore, Emile Coulibaly, F. B. Panero ingegneria strutturale FV progetti Milano impianti SERCOP Bamako committente Fondazione Francesco Pianzola, Mortara (PV) Italia impresa esecutrice Entreprise Ouattarà Construction, Bamako
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