L’ESISTENTE. Il complesso rurale delle Case Bevacqua è stato per lungo tempo un vasto insieme di abitazioni, magazzini e strutture produttive posto ad oltre 1000 metri slm. Attualmente esso ricade all’interno della Zona C del Parco dell’Etna tra le aree finalizzate ad incrementare l'escursionismo montano. La storia di questa struttura riflette emblematicamente quella dell’intero versante orientale dell’Etna, a prevalente vocazione vitivinicola già a partire dai primi decenni dell’Ottocento. Ne è testimonianza una iscrizione incisa nella chiave di volta dell’arco di ingresso di uno dei fabbricati che riporta la data del 1803. All’epoca le Case Bevacqua erano il cuore pulsante di una vasta area coltivata a vigneto, fatto insolito, specie a quote così alte del vulcano, dove adesso dimorano boschi di querce, castagni e vasti noccioleti. Intorno agli anni ’60 del Novecento, quando produrre il vino non era stato più vantaggioso e la gente che vi lavorava si era spostata nelle città, il complesso aveva subito varie trasformazioni fino ad essere completamente abbandonato: dell’antico uso non era rimasta più traccia, né nelle coltivazioni né nei luoghi di produzione del vino. La cantina e soprattutto il palmento, una volta ambienti grandiosi erano stati letteralmente sepolti sotto accumuli di terra e detriti derivanti dai numerosi crolli che la struttura aveva subito nel tempo. E tali dovevano restare, secondo una prima proposta di utilizzo dell’Ente Parco che ignorava l’esistenza di simili organismi.
IL PROGRAMMA. Il programma iniziale dell’incarico di progettazione prevedeva infatti la realizzazione di un punto base per l’escursionismo, cioè trasformare quello che restava degli edifici esistenti in alloggi con funzioni di foresteria e ristoro. Alla luce di quanto era emerso fin dai primi sopralluoghi, il primo passo del progetto di recupero è stato invece lo scavo, quasi archeologico, che ha riportato alla luce ambienti e funzioni dimenticate. Funzioni che sono state parte integrante della storia stessa del vulcano, testimonianza tangibile di una remota presenza dell'uomo che ha saputo inserirsi nel territorio esercitando un'azione di sfruttamento dell'ambiente naturale senza tuttavia modificarne negativamente l'aspetto paesistico.
IL PROGETTO. A partire da queste considerazioni, il recupero delle Case Bevacqua ha trovato la sua prima ragion d’essere nel ripristino dell’integrità spaziale dei volumi esistenti e delle caratteristiche originarie del sito. Il complesso rurale infatti, con i suoi duecento anni di storia, è prima di tutto Museo di se stesso, spazio architettonico coerente e compiuto dove si possono riconoscere le differenti funzioni e fasi costruttive che, col passare del tempo, si sono sviluppate intorno al nucleo originario costituito dal blocco delle case dei contadini fino ad arrivare a tutte le altre strutture abitative e produttive, quali la casa padronale, il palmento, la cantina, ecc. Se da un lato il programma di riutilizzo dell’area proposto dall’Ente Parco, agendo nell’ottica del riuso, individuava una specifica destinazione funzionale, dall’altra il progetto di recupero non poteva prescindere dall’obiettivo di restituire a questi luoghi e a questi spazi un’identità che ne permettesse, nel contempo, la sopravvivenza culturale oltre che materiale. Da qui l’idea di allestire all’interno dell’edificio principale, originariamente adibito a palmento, un percorso museale che si articola fin dentro alla ricostruita cantina e riservando la restante parte a centro di accoglienza e foresteria per gli escursionisti. Inoltre, in accordo anche con i criteri di intervento del programma di finanziamento comunitario che prevede espressamente la “valorizzazione delle identità culturali e delle risorse paesaggistico-ambientali”, il metodo progettuale adottato ha privilegiato, per quanto più possibile, l’utilizzo puntuale di tecniche costruttive tradizionali e il riciclo sistematico dei materiali di recupero esistenti.
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