Non c’eravamo solo noi quando siamo arrivati la prima volta in questo tratto di terra, in una interminabile giornata appena iniziata.
Campi a perdita d’occhio. Profumo di terra impregnata di brina. La nebbia impalpabile.
Un’oca parlante.
Abbiamo dapprima ascoltato il suono dei nostri passi silenziosi.
Sì, c’era qualcosa di poetico in quell’atmosfera ovattata e lenta.
Poi ci siamo fermati.
Qual era il significato di questo luogo? Quale il punto in cui la forma prende sostanza?
La palude, la bonifica, la fatica di mani povere e operose.
Hai presente lo stereotipo di casa con il tetto e il camino che disegnano tutti i bambini?
Ecco, sono quelle casette fatte di mattoni rossi dove abitavano i contadini, che rappresentano la nostra memoria, e che raccontano infinite storie, raccontano di un’intelligenza costruttiva fatta di poche semplici regole (che oggi chiamiamo sostenibilità!): il rustico si trovava sempre ai margini del lotto con la strada alle spalle e la facciata principale che guarda il sole. La forma compatta, semplice, con il portico ricavato all’interno della scatola muraria, così d’inverno, quando il sole è basso, arriva in profondità fin dentro la casa, mentre d’estate genera un piacevole ombreggiamento.
Eccola! Era lei!
Per la forma non abbiamo dovuto fare niente, abbiamo preso la scatola tradizionale e l’abbiamo lavorata da dentro, “per via di levare”, progettando gli spazi e le facciate dall’interno verso l’esterno.
Non è nella simmetria che è stata posta l’attenzione, quanto nell’equilibrio di ciascuna delle parti con l’insieme, bilanciando i pesi con accenti e ritmi.
Prova a camminarci dentro.
Ti accorgerai che gli spazi accompagnano i movimenti, si scoprono ad uno ad uno… si svelano lentamente e si trasformano mentre ti muovi.
Ti eri accorto che c’era il fuoco?
Chissà se l'oca, che vive lì da sempre, vorrà ancora rimanerci ora che ci siamo insinuati nella sua fetta di terra. Certo è che noi abbiamo cercato di ascoltarla, utilizzando elementi fatti dalla mano dell’uomo e da lavorazioni artigianali, materiali naturali, come l’argilla e la sabbia, vivi, come il legno di rovere e di larice, che si modificano con il passare del tempo e con la storia di chi la abita.
L’ultima cosa è la luce. La luce.
Ci abbiamo giocato. L’abbiamo fatta entrare dove ci serviva. Oppure l’abbiamo esclusa lì dove abbiamo escluso la vista.
È una luce che si muove con il passare delle ore e delle stagioni, che batte il tempo, e si insinua fioca quando fa freddo oppure ti getta il suo assordante rosso in una sera di mezza estate.
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