Si arriva a Liberi...e si riparte da Liberi. O da Dragoni. È lo stesso. La linea di confine passa tra la casa e l’azienda vinicola(1). E si viaggia respirando paesaggio. Querce. Acacie. Pini. Ranuncoli ritardatari ondeggianti sui cigli. Tra il tarassaco e i fiori di cicoria. E gli scarichi dei tubi di scappamento. Come a percepire il bisbiglio di un dialogo tra i grandi e i piccoli. Laggiù i vitigni arrossati distesi come macchie più dense. Qualche casa sparsa. Un filo di fumo che sale. I pali della luce. I boschi di robinie e tigli selvatici. Si sobbalza sull’asfalto grattato e rumoroso. Un cane nero attraversa la strada. Ci sono i camion. Ma c’è la sensazione rassicurante che il fogliame inghiotta rumori e pericoli. E ogni incongruenza. Persino ogni vita randagia. Così si procede nel nulla. Che è un tutto unitario. Quello che conta. I colori. Il verde è infinito. Neanche un pezzo è uguale all’altro. I rossi e i gialli si completano. Il vento agita le cime. E la salvia purpurea, quella dei boschi. Lievemente o con furia. Il cielo poi. Si infila tra le foglie come una colata liquida. Ed è sopra ogni cosa. Annuvolato. O azzurro. O pallido. Succede così. Che tutto il paesaggio smette di essere una cosa separata da te. Non lo guardi più. Né lo attraversi. Ma lo senti. Con i pori e le fibre. E ne risuoni. Sai che si conquista se stessi. Un patto a più voci. Per la narrazione di un nuovo stato.
La casa atterra in una nicchia di suolo tra i filari. Dove inizia la montagna. Si rivolge al paesaggio. Al cielo. Che in questi giorni caldi è profondamente azzurro. Ma che ho conosciuto basso e violento. All’orlo delle cime su cui si posa l’orizzonte. Alle radici e ai tronchi degli alberi. Alle siepi. Alle rocce. Alle pietre spaccate. Ai falchi. Alle campanule. All’uva.
C’è un muro di pietra come una scrittura. Innesti di intonaco bianco e cemento. Ferro e registri di travertino Il catalogo della materia. Linea di congiunzione con il profilo del paesaggio. Infine racconta la sottile luce rosata nel mattino.
La casa atterra…ogni viaggio è anche un ritorno. E ri-conoscere un luogo è come il primo incontro.
C’è una zattera sollevata dalla terra. E un viaggio immobile.
(1) Il progetto dell’azienda vinicola Sclavia a firma Vargas Associati è stato in mostra al padiglione Italia alla Biennale Architettura di Venezia 2012
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