Luogo
Il progetto si colloca nel territorio della piana tra Prato e Pistoia, dove l’urbanizzazione ha provocato dal dopoguerra fino agli anni '80 una insolita caratterizzazione, ovvero quella dei paesaggi urbani o periurbani fatti di fabbriche, piccole e grandi, legate al mondo del tessile che coesistevano e convivevano con le residenze. All'interno di questo sistema diffuso, per anni si è vissuto e lavorato nello stesso spazio instaurando un forte legame tra luoghi di vita e lavoro. In particolare lungo i corsi d'acqua erano e ancora permangono localizzati i principali centri urbani e si sono sviluppate nel tempo le maggiori attività industriali per poi diramarsi lungo questi verso la collina, dove un sistema di gore permetteva il funzionamento industriale. In particolare nella piana sul confine tra Prato e Pistoia, risalendo lungo il corso del torrente Agna, si trovano i ruderi di un piccolo distretto di quel che ormai rimane di questo passato, attorno al quale si erano sviluppati piccoli spazi artigianali legati alle abitazioni e dove, per consuetudine, lavoravano e vivevano terzisti del tessile.
Oggi di questo passato è rimasto lo scheletro privato della propria funzione originaria, dunque un'occasione per inventare e reinterpretare nuove relazioni e nuove modalità di riappropriazione dei luoghi di vita attraverso il recupero e la trasformazione di edifici, spesso in muratura di mattoni intonacati, volumi sparsi nel territorio costruito e abbandonati. Come la passata tradizione tessile permane nella loro forma di semplici volumi a capanna o voltati, quale memoria archetipica di istanze economiche ridotte e facilmente ripetibili, ugualmente sopravvivono le relazioni di vicinanza come identità di piccoli borghi costituiti da pochi volumi isolati, ma strettamente connessi tra loro. Ed è proprio grazie al loro permanere ed al superamento del ruolo produttivo che tali rapporti si restituiscono a noi, denunciando un potenziale abitativo come occasione di trasformazione di arcaici volumi caratterizzati dall’unicità dello spazio interno.
Il riuso, di ciò che ieri era luogo di produzione familiare di tessuti in nuovo territorio per l’abitare, garantisce l’evolversi di quei legami di convivialità spaziale tra l’ex annesso lavorativo e l’adiacente abitazione principale, dunque la possibilità di convertire un problema in un nuovo futuro: “Le problème de notre temps, c'est que le futur n'est plus ce qu'il a été” (Paul Valery).
In questo contesto di riflessione urbana e architettonica si inserisce Casa NADI, quale progetto di recupero e trasformazione di un piccolo fabbricato artigianale dismesso in luogo per l’abitare.
Progetto
Il progetto restituisce uno spazio costruito familiare connotato da relazioni spaziali importanti, quali quelle esistenti tra i volumi circostanti, rivolgendosi ad essi in una perpetua condivisione dello spazio esterno. Contemporaneamente, senza voler negare il suo passato, disvela quell’ancestrale e perduta nel tempo funzione produttiva locale del tessile attraverso il permanere isolato del primitivismo della forma.
Il volume monolitico esistente, nella semplicità del suo impianto, diviene occasione di riqualificazione architettonica funzionale ed energetica, recuperando il dialogo con l’eterogeneo territorio costruito in una campagna ai bordi della città. Restituendosi come una piccola architettura per una giovane coppia, il progetto reinterpreta la primitiva morfologia nella connessione spaziale, visiva e materica tra interno ed esterno, tra il territorio della casa e gli altri territori: il giardino, la strada, il luogo.
Il collegamento tra l’edificio ed il giardino è articolato nella continuità d’uso del pavimento in cemento gettato in opera, un nuovo suolo in forma di aia o seduta a raccordare tra di loro le diverse quote altimetriche. Lo sviluppo cromatico perpetuo dei prospetti è trattato con un profondo bruno, intonaco in pasta per le facciate, elementi in laterizio per la copertura. Finestre-cornice come nicchie lignee creano una soglia abitata, mentre il portico d'ingresso in forma di vuoto protetto diviene loggia dove accogliere altri momenti di vita. All’interno un nuovo universo si dipana nella successione di piani sequenza articolandosi in un’enfilade prospettica di scorci per l’abitare. Qui tutti gli spazi hanno la loro specificità ma insieme formano un incastro di piccoli universi, dove l'apertura di porte a libro o lo scorrere di una parete lignea rivela percorsi reali e visivi attraverso questo paesaggio interiorizzato. La luce, filtrata da elementi frangisole, penetra nella profondità di tale scenario fino a cadere dall’alto, da aperture sul tetto, a narrare paesaggi altri.
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