La proposta progettuale di adeguamento liturgico prevede il totale rifacimento dei tre luoghi eminenti del presbiterio – l’altare, l’ambone e la sede del celebrante – e la ricollocazione degli stessi all’interno dello spazio sacro. Si accenna tuttavia ad una revisione di più ampio respiro nella consapevolezza dell’importanza del contemplare la chiesa come edificio nella sua globalità, e non limitandosi ad un punto di vista parziale che coinvolga esclusivamente l’area presbiteriale. L’intento è dare una risposta progettuale orientata verso i principi cardine della Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium, ponendosi con un atteggiamento che esula dal voler esaltare una formalità fine a sé stessa, alla ricerca di nuovi significati ed egocentrici estetismi. In favore invece di un maggior decoro e semplicità, perché l’interpretazione deve essere chiara ed immediata, non dispersiva. Il canone ispiratore è il Culto, la Celebrazione: da qui la volontà di ricollocare i fuochi liturgici in base ad un più corretto rapporto visivo e di significato, poiché l’attuale disposizione dell’area presbiteriale determina una scarsa individuazione dei poli.
L’altare, progettato ex-novo, viene leggermente arretrato e rialzato su due livelli ma rimane sull’asse principale della chiesa in quanto polo di attrazione dell’intera comunità celebrante. E’ il punto centrale per tutti i fedeli, luogo del sacrificio eucaristico e monumento al crocifisso, al quale ora è più avvicinato. Di forma rettangolare, interamente circondabile, dichiara una doppia valenza simbolica: la nuova sagoma a “blocco” e la base in pietra lavorata a spacco naturale di cui è composto richiamano l’ara del sacrificio ed il sepolcro, mentre la mensa dalla superficie levigata rimanda alla tavola dell’Ultima Cena. La solidità della pietra e la sua lavorazione grezza si contrappongono alla squadratura del blocco della mensa, leggermente sollevato dal basamento per accentuare l’identità dei due elementi, in marmo botticino levigato e lucidato, dalla colorazione bianco-perlacea che evoca purezza e semplicità. La circondabilità dell’altare rende ora possibile la celebrazione coram Deo: la direzione ultima dell’azione liturgica è la stessa per il sacerdote e per il popolo, ossia versus Orientem, punto dal quale proviene la luce, Cristo. Tale esperienza aiuterebbe il Sacerdote e i fedeli a comprendere ciò che il Sacerdote stesso celebra, e chi il Sacerdote rappresenta, e aumenterebbe il senso di percezione della sacralità dell’evento nonchè dell’importanza di aderire ad un Mistero che ci trascende.
Una quinta dalle geometrie irregolari divisa in quattro parti rappresenta il nuovo crocifisso: non più materia ma luce, essenza che si diffonde e si riflette sulle superfici e quasi sembra irrompere verso l’aula creando due squarci nella materia dai quali sprigiona una delicata tensione tra chiusura e apertura, tra nascondimento e rivelazione, coinvolgendo allo stesso tempo anche la parte posteriore dell’abside, vera cornice architettonica con la quale entra in gioco grazie alle maggiori e più proporzionate dimensioni del nuovo elemento. Le tonalità cromatiche potrebbero essere variabili a seconda del tempo liturgico.
Il tabernacolo, attualmente anch’esso collocato sull’asse principale della chiesa in posizione dominante alle spalle dell’altare, viene posizionato in uno spazio laterale dedicato ma comunque eminenziale, evitando così che venga attenuata la percezione della centralità dell’altare e favorendo la preghiera privata dei fedeli e l’adorazione personale. Sarà inoltre posto non più sulla mensa di un altare ma su un elemento a colonna o a mensola, in armonia compositiva con gli altri fuochi liturgici.
L’ambone è il luogo da cui scaturisce l’annuncio della resurrezione. E’ materia che annuncia la Pasqua ovvero la vittoria della vita sulla morte, è monumento alla parola di Dio. La sua collocazione resta sostanzialmente la stessa trovandosi però ora, rispetto all’altare, in posizione avanzata verso l’aula: per favorire l’ascolto delle letture e svolgere un ruolo di cerniera tra il presbiterio e l’assemblea, destinataria della Parola. In quanto seconda mensa, mensa della Parola, la relazione simbolica con l’altare è delegata alla forma e alla materia: un blocco in trachite a spacco naturale sul quale poggia un leggio in marmo botticino lucidato, costituito da una lastra quadrata sollevata dal blocco tramite due sostegni metallici non visibili grazie alla geometria dell’elemento. Nel lato interno, verso il presbiterio, è ricavata una nicchia per riporre i testi.
La sede presbiteriale viene ricollocata in posizione arretrata e scostata rispetto all’altare, distante da questo ma comunque in posizione eminenziale, a ricordare che il celebrante è il primo ascoltatore della parola di Dio. Dalle forme semplici e squadrate, per evitare qualsiasi esternazione di “regalità e potere”, è formato da marmo botticino levigato con una seduta in legno di noce. Ai lati altre due sedute riservate ai ministranti, questa volta in trachite grigia per essere distinte dalla sede e non svilirne la funzione svolta.
Gli altari minori, collocati dove ora prendono posto il coro e il tabernacolo, vengono spostati in appositi spazi , nelle cappelle laterali in prossimità dell’ingresso principale, mentre le sedi confessionali, attualmente poste nell’aula, vengono ricollocate nelle apposite cappelle in area prossima all’ingresso: questa soluzione richiama il significato della Penitenza come momento di conversione e passaggio a vita nuova, e, data la prossimità al battistero, il richiamo è ancora più esplicito al recupero della grazia battesimale.
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