Il progetto nasce per istituzionalizzare la funzione di un’area, al margine dell’abitato di Pentedattilo Nuovo, già destinata all’occorrenza a spettacoli: un pianoro naturale che d’estate il Comune dotava di palcoscenico posizionato in maniera da incorniciare l’antico borgo nel fondale del palco. Pentedattilo Nuovo non ha una piazza, non ha una chiesa, non ha un edificio pubblico, non ha né un bar, né un negozio. Esso è solo un duplicato abitativo, nato per garantire la casa a chi abitava al Paese vecchio, prima che venisse evacuato a seguito di una troppa frettolosa dichiarazione di inagibilità. Allora il progetto del teatro all’aperto nasce anche come l’unica struttura pubblica a Pentedattilo Nuovo, occasione per attribuirle un’utilizzazione sociale permanente, non solo per gli eventi: nasce così l’idea di Teatro-piazza, spazio pubblico nel vuoto urbano laterale all’abitato. Intenzione del progetto è di scaturire dalla topografia del luogo, probabilmente tradendo le attese del committente che dava per scontata la conferma dell’assialità del teatro rivolto al borgo antico. Infatti, il Teatro lo si fa nascere dai suggerimenti orografici che si raccolgono, come uno scavo archeologico, dove la cavea, come fosse già preesistente nel sottosuolo, viene pian piano disegnata, scavata, scoperta raschiando il terreno soprastante. L’operazione di modellazione del teatro, assecondando la giacitura del terreno, realizza così un impianto che ha come fondale scenico l’abitato nuovo, secondo un’assialità del progetto che consente al pubblico seduto sulla cavea di godere di più spettacoli contemporaneamente, oltre quello rappresentato sulla scena, quelli naturali, in sinistra il Borgo Antico, in destra la vallata della Fiumara Sant’Elia, il Mare Jonio ed ancora più lontane la Sicilia e l’Etna. Oggi il Teatro è semi-abbandonato, in attesa – forse – che venga completamente riassorbito nel ciclo delle dinamiche naturali. La causa della mancata manutenzione va ricercata nella generale crisi economica e culturale, certamente accompagnata dalla stanchezza delle associazioni locali, non più nelle condizioni di sopperire da sole all’assenteismo di enti e istituzioni pubbliche. Ancora, per fortuna, d’estate, il festival Paleariza, evento storicizzato a carattere etno-culturale-musicale, garantisce il suo svolgimento annuale nella parte di struttura che resta e dà l’illusione che possa nuovamente rivivere.
In questo scenario, non si può parlare di teoria del progetto, cioè non può interessare al lettore quale teoria si impegni a pronunciare il progetto, se si parli di minimalismo congruente oppure di semplice ascolto o personale lettura del luogo. Forse - o certamente - c'è stata la cancellazione di ogni forma di pregiudizio per potere rintracciare la forma del progetto: diagrammare la funzione o le semplici funzioni attraverso le poche linee e forme regolari tratte dalla naturale topografia. Ma anche il sole, il cielo, il vento, il mare, le pietre, elementi caratteristici del paesaggio hanno alimentato e guidato la riflessione metaprogettuale. Quindi, le viste panoramiche, con il loro elementare disegno, hanno fissato forme e direzioni del teatro-piazza, intendendo ricercare la sintesi di quell’equilibrato connubio tra forma e funzione, una sorta di dichiarazione del principio delle minime necessità che vogliono giustificare la sua stessa esistenza, pur nella certezza che quanto costruito soccomberà al tempo e alla natura.
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