La morte è nuda verità e la sua esemplificazione risiede nel rigore essenziale di forma/materia. Questa Casa per l’eterno (edicola funeraria per la famiglia Modugno) è nell’ala più antica del cimitero di Capua, prossima a un cipresso e a un cippo funerario ottocentesco. Qui, un parallelepipedo sospeso sulla terra copre l’invisibilità dello sprofondamento nell’ipogeo, casa del dissolvimento corporale. La pelle esterna, larghi frammenti di pietra leccese variabili per spessore e dimensione, non lascia spazio alla presunta restituzione monolitica del blocco ma denuncia spudoratamente il suo essere rivestimento posticcio, applicazione. La finzione é messa al bando. Le fenditure, l’attacco angolare, la variabilità della partizione, l’errore, lasciano trasudare il retro, il nudo cemento cui sono agganciate e dove può scorrere liberamente l’acqua del cielo. Su uno dei fronti si apre la porta, vezzo ramificato di rame battuto poggiato a una lastra di acciaio lucido che riflette il contorno. Si guadagna l’interno piatto, assente di croce e illuminato solo alla base vitrea, suo distacco dal suolo. In alto una serie di fori sparsi, punti stellari omaggio al segno del Toro del committente. Avanzando sul pavimento trasparente che anticipa quel che sarà, c’è l’altare di nero vulcanico, scarna geometria stagliata sul bianco lapideo della cieca parete fondale. E qui si apre finalmente il vuoto, buio sgomento, luogo del passaggio. Nell’intera verticalità dei nove metri oscilla un cilindro, pendolo impertinente, misuratore del tempo senza fine.
Le opere_pendolo sospeso e decorazione ramata sulla porta in acciaio sono di Mario Rossetti (S. Maria Capua Vetere_Caserta)
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