Progetto vincitore del Premio Castelbuono progetto Architettura 2014, sezione innovazione
IL TEATRO NECESSARIO
Il “Margine”, tra le varie definizioni che si possono trovare nei dizionari della lingua italiana, è inteso come “Ciascuna delle parti periferiche, spesso regolarmente delimitate, di una superficie individuata”. La definizione restituisce la condizione del luogo scelto per la proposta dell’idea concorsuale che, posta nella parte nord-ovest del centro storico, ha dei caratteri specifici, di cui appresso si dirà, che l’hanno resa occasione di confronto progettuale tra l’idea di permanenza delle condizioni avute e le potenziali attese auspicabili come lo spazio a teatro multiuso che la comunità attende da tempo. Dalla interrelazione di quest’ultime due componenti è nata l’idea della “Fabbrica-Teatro”, intimamente legata alle esigenze del multiforme panorama culturale cittadino concepita come una macchina scenica capace di adattarsi alle diverse esigenze teatrali, musicali e sociali, che con la sua strutturazione spaziale fa da cerniera tra tessuto urbano e corrispondente ambito territoriale limitrofo e, quindi, collegabile alla “Sezione B” del concorso. L’edificio, dunque, inteso non come occasione per rispondere a sue specifiche necessità interne ma, altresì, come mezzo per determinare nuove condizioni di relazioni urbane e territoriali; quest’ultime sono, a prescindere dalla scelta linguistica cui si è, di volta in volta, legata la componente volumetrica-formale del manufatto architettonico, gli elementi di base cui ha sempre fatto riferimento, nell’arco della storia dell’architettura, la produzione edilizia, ancorando a sostanzialità non effimere la scala e la definizione tattile dell’intervento (vedasi Castello dei Ventimiglia).
L’area scelta come luogo per la proposta concorsuale, aquisibile tramite perequazione urbanistica interna all’area, è il vuoto urbano interno al nastro edilizio, limitrofo all’area del torrente San Calogero, del quartiere di “Manca”. Essendo posto sulla linea di confine fra una connotazione urbana ed una rurale-paesaggistica esso risente di ambedue le specificità. La componente urbana del quartiere è data da un’edilizia compatta, composta da abitazioni a schiera e pseudo-schiera, strutturata su una viabilità carrabile nord-sud, parallela alle curve di livello, e da una serie di cordonate est-ovest, ortogonali alle curve di livello, parallele, quest’ultime, alla dimensione maggiore degli isolati edilizi e quindi determinanti la geometria principale del sistema. La componente rurale-paesaggistica, invece, è data dall’incisione torrentizia del San Calogero che presenta una non chiara definizione interna.
Il progetto costruisce uno spazio la cui aspettativa urbana è quella di diventare affaccio e luogo di pausa alle percorrenze lineari, siano esse carrabili o pedonali, non interrompendo le relazioni spaziali interno-esterno (e quindi a carattere territoriale) attualmente presenti nei due assi gravitanti a sud ed a nord dell’area di progetto, evitando quel senso di introversione presente, invece, nelle rimanenti cordonate. Dal punto di vista territoriale il suo essere belvedere, il suo essere costruito su più piazze a quote differenti, collegate fra di loro da percorrenze idonee al superamento di dislivelli anche ai diversamente abili, il suo essere intersecato da una scala/cordonata che ne ordina la sequenza e ne struttura la conformazione volumetrica, la sua scala e la sua scelta tattile di immediata identificazione nei confronti dell’edilizia circostante ed il suo allacciarsi alla struttura principale, tra percorrenze e parcheggi esistenti e di progetto, dell’area gravitante sul San Calogero, da destinare a parco, per sua vocazione naturale e per completamento del verde pubblico già esistente posto a nord del castello dei Ventimiglia, che si andrebbe a collegare a un sistema di orti urbani già esistente e potenziabile, nella costruzione di un unico spazio naturalistico posto a nord-ovest dell’abitato castelbuonese che, se esteso alla dimensione extra-urbana, può diventare il nuovo sistema complessivo di accesso “verde” sul lato occidentale alla cittadina. Qui infatti i percorsi urbani si trasformerebbero naturalmente nei locali di produzione artistica del performing center dove l’ambigua continuità è il carattere distintivo di spazi capaci di accogliere diverse istanze con sale prova introverse e laboratori di produzione aperti verso il paesaggio. Sintesi massima in tal senso è la grande sala da quattrocento spettatori su cui si affacciano due file di ballatoi capace di assumere, grazie al pavimento mobile, diverse conformazioni quali il teatro all’italiana, il teatro elisabettiano e il plateau orizzontale.
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