Il capriccio è un tipo di composizione basata sull’invenzione. Come le invenzioni veneziane di Canaletto, Guardi, Bellotto, l’antico, come rovina, e le “nuove” architetture intessono un confronto dialogico. Ognuna esprime la capacità e la rappresentatività del proprio tempo. L’osservazione stessa del luogo ci pone questo problema figurativo: grandi architetture isolate che si stagliano nell’immenso spazio vuoto del Cabo Espichel. Il monumento e la natura. L’architettura e le forme della Terra. L'azione progettuale prova ad interpretare questo tema della misura dell’architettura come misura del paesaggio. Il progetto si configura allora attraverso una pluralità di spazi, che sono la pluralità di esperienze che è possibile costruire con il territorio: la rovina, luogo del tempo, simbolo e momento di riflessione di ciò che è stato; il tempio, luogo dell’anima, collegato alla terra da una lunga passerella che ci proietta verso l’oceano; il monastero, luogo del corpo, dove trovare ristoro nel fisico, con le stanze e il refettorio, e nella mente, con la biblioteca al piano interrato. Come un “capriccio” il progetto giustappone la rovina al nuovo, non li frappone, non li contrasta, poiché essi esprimono solo il susseguirsi di nuovi momenti.
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