Questa è una storia di rivincita.
Antonio e Chiara, insieme ai loro due figli ne sono i protagonisti.
Tutto iniziò con il loro matrimonio avvenuto più di dieci anni fa e con il loro sogno di creare una famiglia.
Cercarono un nido d’amore e lo trovarono in un trilocale all’ultimo piano di una palazzina in costruzione con una mansarda al piano superiore collegata direttamente all’abitazione.
Da allora sono passati tredici anni ma la loro attenzione si è da sempre concentrata solo al piano abitativo: la mansarda è stata considerata fin dall’inizio come una sorta di deposito.
Nel frattempo arrivarono i figli e negli anni si è fatta strada una necessità sempre più stringente: avere una casa più grande senza però dover necessariamente rinunciare a quanto già avevano..
Proprio quando questa esigenza si faceva più forte, incontrai Antonio e la sua famiglia grazie ad alcune amicizie in comune.
Mi spiegarono quali erano le loro necessità e come allora gestivano la casa; la mansarda era un vero incubo, un luogo di nessuno dove si accumulavano nel tempo troppi oggetti.
La mansarda si caratterizzava come uno spazio unico, pieno di limiti, poco illuminato e soprattutto con una geometria completamente irregolare.
Nei desideri della famiglia c’era quello di ricavare, in questo luogo, la cameretta della figlia, due studioli e una stanza multifunzionale dove poter sia suonare che, all’occorrenza, ospitare dei parenti.
Il grande problema da risolvere in questo ambiente non era tanto quello di rispondere a tali esigenze quanto piuttosto quello di poter mantenere una buona quota di spazio contenitivo per accogliere tutte le cose che negli anni si erano accumulate e per valorizzare alcune ceramiche che Chiara aveva ricevuto in da sua nonna e a cui era molto legata.
Il progetto della mansarda nacque quindi dalla necessità di rispondere a tutte queste esigenze.
Arretrando il limite dell’ambiente ad una quota in cui poter facilmente rimanere in piedi, sono stati quindi creati dei ripostigli lungo le pareti irregolari dell’ambiente.
Il restante spazio è stato poi diviso in quattro ambienti studiati, insieme a tutto l’arredo, partendo dalle quattro aperture presenti e mantenendo come fulcro la scala centrale esistente.
Tutto il progetto architettonico è stato pensato, progettato e realizzato su misura in modo tale da realizzare gerarchie di ambienti e spazi sempre in relazione tra loro.
I limiti posti quindi dall’irregolarità dello spazio e della copertura sono quindi stati sfruttati appieno studiando tutti i pezzi d’arredo come elementi unici pensati su misura, integrando al loro interno anche l’illuminazione in modo tale da mantenere inalterate le murature perimetrali esistenti.
Anche le ceramiche della nonna di Chiara hanno trovato una loro collocazione definitiva all’interno di un arredo che, posto a divisione tra due ambienti della mansarda, le espone tra le sue vetrine bifacciali: un elemento che, oltre ad essere contenitivo, risulta anche elemento divisorio, di relazione tra gli ambienti e di illuminazione.
È vero…questo è un piccolo progetto…
Ma alla pari di un progetto di ben più grandi dimensioni, questo progetto al suo interno racchiude e dà risposta funzionale ed estetica a tutte le necessità della famiglia.
Questo è un progetto di riscatto familiare.
Questo è un progetto per la vita.
Una vita migliore.
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