Al fine di voler conservare la memoria dell’edificio preesistente come attore della scena urbana il progetto ha scelto la strada della contaminazione dei linguaggi e della stratificazione di forme e materiali. Nello specifico sono stati mantenuti nelle loro forme originarie il primo e il secondo piano, sono stati invece completamente riprogettati il piano terra e naturalmente il piano aggiuntivo di coronamento. Abbiamo ritenuto che, al di là delle scelte stilistiche puntuali, la tecnica di costruire sul costruito sia portatrice di valore in sé perché rende tangibile il “senso del tempo” e costringe le scelte architettoniche sul terreno della relazione con ciò che già esisteva. Il complesso preesistente, organizzato secondo i più tipici canoni tipologici dell’architettura popolare milanese, e composto da due corpi di fabbrica ad L con distribuzione a ballatoio, più un terzo corpo più basso ad uso artigianale, aveva il suo fulcro nella corte che essi definiscono. Il progetto, al fine di non alterare le proporzioni degli spazi interni nonostante l’aumento della volumetria ai margini, ha previsto di alzare la quota della corte stessa così da ripristinare il rapporto tra pieni e vuoti e contemporaneamente così da consentire la realizzazione dei box interrati senza ricorrere a scavi sotto la quota delle fondazioni. L’altro aspetto rilevante riguarda il sistema distributivo proposto. Esso prevede la realizzazione di un nuovo ballatoio ramificato sui tre corpi di fabbrica, che consente di accedere a tutte le unità abitative a partire da un solo corpo scale e un solo ascensore. I materiali utilizzati – ottone, marmorino, intonaco martellinato, marmo nero assoluto, granigliato di vetro, legno, rizzada spaccata – apparentemente appartengono a mondi di provenienza inconciliabili, ma, nel loro uso e nella loro mescolanza, ritrovano un dialogo tra loro e con le preesistenze tale da rendersi reciprocamente necessari conferendo un’impronta fortemente contemporanea all’intervento.
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