La lusinga del regionalismo in architettura
Costruire in continuità è un atto antico. Paradigma concettuale, dove le istanze di modernità del progetto di architettura tendono ad arretrare, dissolvendosi (in parte) e riannodando gli ancestrali dialoghi sopiti con le matrici tipo-morfologiche dei territori. Ma ciò che Kenneth Frampton (1) definisce Regionalismo critico corre il rischio di intersecarsi, inevitabilmente, con le insidiose istanze identitarie, non riuscendo, così, a liberarsi dalle lusinghe tipo-morfologiche vernacolari.
I detrattori di tale filosofia intendono il regionalismo come una goffa mimesi progettuale con l’intento di con-fondere il nuovo organismo nello spazio circostante. Il rischio sotteso è la configurazione di organismi falsi. D’altro canto chi sostiene e difende la pratica costruttiva fondata sul regionalismo, pone l’architettura come ricerca di un complesso sistema di relazioni, convinto che solo il ricalco, più o meno rigoroso, di quanto costruito in precedenza possa servire, e quindi essere davvero utile, alla salvaguardia ambientale delle risorse paesaggistiche dei territori.
Ognuna delle due posizioni mostra i propri imprescindibili caratteri ideologici. L’una, quella del conservatorismo a tutti i costi (alcune volte mediato dal cosiddetto Regionalismo critico), trascura ogni idea di ricerca della trasformazione, ideologizzando nel contempo il mito del passato; l’altra, confidando nei lumi di un futuro di per sé migliore, pone il cambiamento come prassi insostituibile della storia evolutiva degli uomini. Per l’architettura tali contrapposizioni sottintendono, da una parte, un progetto fondato soprattutto sull’analisi tipo morfologica delle costruzioni storiche e sulle relazioni fondanti che quest’ultime avranno con la nuova costruzione; dall’altra, invece, vi è una ricerca progettuale tesa a descrivere una forte, quanto ideale, contemporaneità dirompente.
La premessa sembra voler introdurre brevemente alcune questioni concettuali che, inevitabilmente, intersecano il progetto di architettura. Nella nostra cultura contemporanea, infatti, dove sempre più l’architettura si configura come un astuto ricalco di forme, stilemi e iconografie modaiole, abolendo tutto ciò che si lega all’esperienza dei luoghi e degli architetti (2), il progetto di modificazione della città e del paesaggio appare come un paradigma di supponenze lessicali, di suggestioni formali, più o meno meditate. Se a questo si aggiunge la mutazione delle tecniche e dei processi costruttivi, oltre alla ridondante disponibilità di manufatti prefabbricati, ormai di facile reperimento sul mercato globale, l’architettura diviene il luogo di un rassemblement squisitamente merceologico, tra le beffarde suggestioni di uno charm di maniera.
(1) "una cultura forte e carica di identità, che mantenga tuttavia aperti i contatti con la tecnica universale."
Kenneth Frampton, Anti tabula rasa: verso un Regionalismo critico, in Casabella n. 500 Marzo 1984 / pag. 22.
(2) “Nell'età dominata dai media il Regionalismo si oppone alla sostituzione dell'esperienza operata dall'informazione.”
“L’altro Movimento Moderno” (Mendrisio Accademy Press-Silvana Editoriale, traduzione di Maddalena Ferrara)
L’unità rurale. Cambiare in corso d’opera.
L’unità rurale è situata sulla colline murgiane dell’agro di Monopoli (Bari), a sud-est di Bari, ai limiti di una dolina (tipologia a piatto). La casa fronteggia il magnifico paesaggio murgiano (territorio di fragni, roverelle e lecci, sentieri sterrati e costruzioni a secco).
Le limitate risorse finanziarie disponibili, destinate alla realizzazione di questa unità rurale, hanno determinato durante il corso di costruzione una contrattata rimodulazione morfologica del manufatto (oggi ancora in fase di working in progress). L’oggettiva circostanza ha imposto la riduzione di superficie del previsto piano di copertura, strutturato in legno lamellare e la cancellazione del relativo tegumento high tech per la produzione in sito di energia elettrica fotovoltaica.
Tali varianti progettuali sono state svolte durante le fasi di cantiere. Esse sono quasi sempre ascrivibili alla natura complessa dei processi costruttivi. A tale proposito vi è una interessante letteratura esemplificativa delle varianti in corso d’opera che attestano il ruolo importante che esse hanno nei processi costruttivi dell’architettura. Carlo Scarpa, ad esempio, il noto Maestro dell’architettura moderna, viveva il cantiere come una condizione dialettica delle scelte possibili, intesa come conflitto argomentato dei ripensamenti, dell’adattabilità meditata dell’opera con il suo intorno. È il complesso processo di costruzione dell’architettura che a volte stride con la banale percezione che tali fenomeni hanno nel rigido e normato quadro legislativo. Preferendo, banalmente, un’architettura “prigioniera”, mortificata in quel noto e banale pensiero ragionieristico dello standard. Le varianti come sopra si è detto hanno perseguito lo scopo di rendere compatibile al budget finanziario disponibile la produzione dei vari manufatti edilizi: A) Contrazione delle previste strutture in legno lamellare (con funzioni di ombreggiatura), optando per soluzioni tipo-morfologiche più semplici, mantenendo comunque le prestazioni funzionali di progetto; B) Rimodulazione con tipologia a spiovente delle quinte murarie di contenimento della copertura in legno lamellare (incidenti nei prospetti di facciata est / ovest); C) Riduzione delle superfici vetrate (non alterando, però, le previste relazioni tra unità abitativa e paesaggio circostante).
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