Il lavoro nasce dalla necessità di ridisegnare in modo unitario uno spazio nato come “improvvisato”, in cui lavorazione e vendita potessero realizzarsi in modo razionale e gradevole, nonostante le dimensioni limitate. Se quindi la richiesta della committenza ha riguardato unicamente una ottimizzazione degli spazi della lavorazione e della superficie espositiva, il progetto si è spinto oltre, proponendo una riflessione sulla tradizionale bottega napoletana di artigianato e facendo propria la volontà di reinterpretarla in chiave attuale.
[La tipica bottega del Centro Antico di Napoli si trova solitamente in un “basso”, in un locale cioè sito al piano terra e con accesso diretto sulla strada. In essa si svolgono le attività di produzione, esposizione e vendita, sintetizzando brillantemente le necessità operative con quelle di attrazione (si pensi alle sfarzose botteghe dei prodotti presepiali)].
L’allestimento è costituito da due scaffalature composte da una struttura a telaio di quadrelli in ferro che regge dei ripiani/scatole in legno di abete. Le due scaffalature sono collegate tra di loro attraverso un sistema di “barre” agganciate al soffitto. A queste si aggiungono i tavoli da lavoro realizzati su misura e con gli stessi materiali.
La scaffalatura, costituita da elementi verticali e orizzontali, è stata disegnata con l’obiettivo sia di dare ordine ad uno spazio irregolare (le murature di tufo sono fuori squadro), sia di creare continuità all’interno della bottega, andando ad occupare le due pareti libere e ad aggrapparsi al soffitto, fino ad espandersi in corrispondenza della vetrina.
Si è deciso di utilizzare materiali provenienti dal mondo industriale (ferro, legno lamellare), in apparente contrasto con la natura artigianale del contesto, ma impiegandoli attraverso tecniche miste, dalla realizzazione a mano all’assemblaggio in opera. Inoltre, la scelta di non trattare alcuni elementi (le superfici, i punti di saldatura…) si rifà alla volontà di far emergere l’estetica del non-finito propria degli spazi di lavorazione.
Si è perseguito un duplice criterio progettuale: Il primo è stato quello della reversibilità dell’intervento -derivato dalla condizione di non poter rifare le superfici orizzontali e verticali-, che si è tradotto nell’allestire la scaffalatura con un sistema a pressione, costituito da viti regolabili alle estremità degli elementi verticali che sono state “strette” in opera in corrispondenza del soffitto; il secondo è stato quello della flessibilità nel trattamento dello spazio, in riferimento alla molteplicità di usi richiesta. Da una parte, infatti, il telaio permette una notevole varietà di configurazioni tra vuoti e pieni attraverso la possibilità sia di muovere liberamente i piani di esposizione che di appendere determinati oggetti; dall’altra, i tavoli da lavoro sono sdoppiati e dotati di ruote in modo da poter essere spostati a seconda delle necessità. Inoltre, anche il sistema di illuminazione si aggancia alla struttura sospesa e può quindi eventualmente variare la sua configurazione.
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