Dall'intervista di Emanuela Brumana per il Citylife magazine:
Al bianco abbagliante dell’esterno delle residenze Hadid si contrappone un appartamento dalle tinte scure, forti, intense. Un appartamento che ha saputo riprendere e sfruttare le linee curve del complesso, integrandole in un progetto dove dentro e fuori comunicano continuamente, in un interessante gioco di rimandi. La suggestione da cui tutto ha preso il via viene dai padroni di casa che, per la propria abitazione, desideravano atmosfere orientali, caratterizzate da geometrie, tinte forti e contrasti.
A questo input si è unita la filosofia dello studio torinese Dinterni dell’Interior Designer Andrea Boeris: «Il nome del mio studio racchiude la mia filosofia: Dinterni, senza apostrofo, come a sottolineare il collegamento che c’è tra architettura e, appunto, interno. Perché, alla fine, che cosa rende una casa diversa da un’altra? La percezione che una persona ha dello spazio, che sta tutta nel modo in cui si arreda. È diverso comprare un mobile, anche su misura, dal far entrare il mobile in casa. Io seguo la seconda strada. Qui, i mobili sono diventati parte integrante dell’architettura».
Effettivamente, muovendosi nell’appartamento, sembra che dietro ogni pannello ci sia una sorpresa; ci sono scomparti segreti ovunque, le boiserie nascondono armadi, i muri contengono nicchie, le pareti nascondono porte.
Il modo in cui l’architetto Boeris ha giocato con l’architettura di Hadid si percepisce appena entrati in casa: la parete nel progetto originale doveva essere curva, ma è stata “domata” da un rivestimento in legno che la nasconde, creando una superficie piana: «Qui doveva esserci una curva, ma la parete sarebbe stata inutilizzabile. È stato forzato uno spigolo, che ha creato una nicchia. Questo genere di interventi esprime il mio concetto di “integrare un mobile nell’architettura domestica». E per una curva nascosta, ne è stata subito creata un’altra. Entrando nella zona living, infatti, si nota una parete concava, in cui è nascosta la porta che dà accesso alla zona notte: «Qui, la curva non c’era. L’ho inserita io, per richiamare la fluidità delle forme esterne».
A illuminare il tavolo da pranzo c’è un sistema di illuminazione che cattura lo sguardo per la sua particolarità, pur rimanendo leggero. Creato dal tedesco Ben Wirth, si tratta di un reticolo con cerchi su cui sono stati innestati profili elettrici, creando infinite combinazioni.
Dalla zona living si può vedere il terrazzo che, grazie alle ampie finestre, irrompe nella casa. Questa sensazione è rafforzata dalla parete ricoperta di piante e dal gioco di tinte usate per i mobili da esterno: un tavolo in vetro quasi impercettibile con alle spalle un divano bianco, su cui spiccano teli e cuscini di diverse tonalità di verde. Un dialogo di tinte che crea una piccola oasi metropolitana da cui godere della vista sulle torri e sul parco.
A incorniciare cucina e sala da pranzo c’è un portale creato con listelli di legno: un disegno geometrico che rimanda subito a luoghi lontani, come Bali o il Giappone.
Le atmosfere orientali passano anche attraverso il sapiente uso di materiali diversi. Guardando la zona giorno si notano alcune pareti rivestite da una carta da parati di Élitis nera, con qua e là alcuni segni geometrici bianchi, richiamo alla carta di riso. Anche i tappeti Illulian, leader nella produzione handmade, il cui disegno geometrico ricorda il portale in legno che separa la cucina dalla sala da pranzo, sono stati scelti per inserirsi armoniosamente nel mix di materiali e influenze. Nella camera padronale, invece, le pareti sono ricoperte di tessuto teso, una lavorazione già presente in alcune dimore nobiliari del Settecento. In questa stanza si è scelto di usare due tessuti diversi a contrasto: uno con un motivo geometrico a spighe di Hermes, dal sapore spiccatamente etnico, e uno con un motivo geometrico dorato di Dedar. Un mix che rimanda all’Oriente, certo, ma anche a quelle atmosfere tipiche della Secessione Viennese dei quadri di Klimt.
Altro esempio di come i mobili sono stati assorbiti dall’architettura è la cucina: non sono le tinte scure delle pareti a mimetizzarla, ma l’assenza di maniglie, la pulizia delle linee, la compattezza della struttura. Sembra che tutto, compresi elementi spesso a sé stanti come la colonna frigo, sia assorbito dai muri.
Un’integrazione che si rivela ancora più spinta in due ambienti in particolare:
la zona pranzo adiacente la cucina, dove un pannello in noce americano nasconde i quadri elettrici, e il disimpegno antistante le camere, dove quelle che sembrano pareti di legno sono in realtà armadi. Particolare pregio è dato dalla lavorazione del legno a macchia aperta: in questo modo le venature ritornano nel disegno rincorrendosi lungo le ante e creando un motivo ornamentale, un pattern sofisticato.
Da questo disimpegno si accede alla camera padronale: avendo spostato le armadiature fuori dalla stanza e avendone integrate altre, sembra una piccola suite, impreziosita dalla coccola del caminetto a bioetanolo.
Un’apertura in vetro sulla parete mette in comunicazione la camera con la stanza da bagno, dove il nascondino architettonico persiste con le armadiature che si celano dietro pannelli rivestiti da quadrati di tessuti dorati. Una soluzione sensuale e dinamica, che dà carattere alla stanza, complice anche il marmo portoro, anch’esso lavorato a macchia aperta.
Ulteriore chicca è l’illuminazione che si attiva grazie a un sensore: due punti di luce soffusa sono posti sotto al mobile e dentro il lavandino scavato nell’onice, per un chiarore diffuso, ideale la sera.
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