COMPLESSO PARROCCHIALE CRISTO NOSTRA PASQUA – FIANO ROMANO
“Continuità” è il motto scelto per il nuovo Complesso parrocchiale di Fiano Romano, dedicato a Cristo Nostra Pasqua.
“Continuità” è un sostantivo che ci appare esprimere, o capace di far “riaffiorare”, i valori dimenticati di una ricerca disciplinare che trovava il proprio centro concettuale nella definizione di relazioni stringenti fra progetto e contesto, fra innovazione e tradizione, fra arte e architettura.
“Continuità” è anche il termine che esprime l’urgenza di un ripensamento disciplinare che faccia finalmente i conti con la forza dirompente di una globalizzazione deterritoralizzante che ha invaso persino le facoltà di architettura, facendo smarrire le sottili trame che legano l’architettura alla terra, il pensiero alla materia, il senso di appartenenza alle antiche sapienze costruttive, producendo nel tempo la progressiva espulsione dell’arte (del costruire) dal corpo architettonico.
Per tale ragione, l’accettazione di tutte le richieste della committenza, ha definito strategicamente e metodologicamente il punto di avvio delle prime esplorazioni progettuali, individuando proprio nella futura dedicazione a Cristo Nostra Pasqua il principale input compositivo di uno spazio sacro inteso come “recinto di luce”.
L’immagine prepotente della resurrezione ha quindi condotto la nostra memoria alle antiche rappresentazioni del sacro velo, del suo candore, della sua “plasticità”, quale possibile chiave interpretativa di un disegno contemporaneo del “corpo” della nuova chiesa, immerso in un paesaggio così dilatato come quello della campagna romana che circonda Fiano e in un contesto, assolutamente anonimo e “periferico”, come quello dell’area di intervento.
Lontani come eravamo dalla forza strutturante dell’antico centro storico, immersi nel frastuono edilizio della periferia adiacente l’area di intervento, peraltro sfiorata dalla veloce e trafficata arteria della via Tiberina, ci è apparsa immediatamente evidente la difficoltà di poter disegnare oggi la “facciata” del nuovo recinto sacro, da consegnare alla comunità parrocchiale. Difficoltà che ha trovato conferma nel dato che la collettività di Fiano Romano possiede già una immagine riconosciuta e identificativa dello spazio sacro: il fronte storico della Chiesa di S. Stefano, unica parrocchia del luogo.
Da qui abbiamo ritenuto necessario ripartire.
Rispetto all’indicazione del bando, dunque, di disporre rigorosamente a nord il nuovo fronte della chiesa, si è deciso di imprimere una lieve rotazione all’asse liturgico, in direzione est e alla ricerca dell’allineamento con il profilo riconoscibile di S. Stefano e, quindi, con il centro storico della cittadina.
Il conseguenziale orientamento a sud dell’abside ha suggerito di valorizzare questa particolare esposizione alla luce del sole, nella definizione della qualità dello spazio assembleare.
La riconoscibilità del nuovo Complesso viene dunque affidata ad un grande velo bianco, ispirato idealmente alle vesti sfolgoranti del Cristo trasfigurato, moderna Sindone che si solleva solennemente e astrattamente verso il cielo, stagliando le sue plastiche pieghe sulla skyline morbida della campagna romana.
La connotazione dello spazio assembleare avviene dunque per “assenza”, attraverso la definizione di un vuoto, di una cavità interstiziale racchiusa dalle pieghe di un piano modellato che culmina nel pinnacolo “campanile”. Come richiesto dal bando, infatti, il profilo del nuovo edificio sacro fonde in un unico corpo architettonico aula liturgica e torre campanaria, definendo un landmark urbano riconoscibile anche dalla frettolosa vista della trafficata Via Tiberina.
La relazione con la memoria storica del luogo ha condotto all’orientamento dell’aula liturgica verso la rassicurante immagine di Santo Stefano Protomartire, permettendo così di definire il disegno di una “non facciata”, di una facciata in “negativo”, una facciata “rosone” che reagisce alla luce in particolari ore del giorno. Un dispositivo plastico di transizione fra lo spazio interno e quello esterno, che oltre ad ospitare il sistema della Porta ha acquisito “spessore”, prolungandosi e articolandosi in un meccanismo "acustico", sia fisico che figurato: accogliendo l'organo, ma anche l’immagine ambi-direzionale di un Cristo risorto impresso con tecniche moderne su cristalli stratificati e, soprattutto, anche i dispositivi sonori per le celebrazioni all'esterno richieste dal bando.
Sul sagrato esterno, a completare questa tensione dello spazio interno verso l’esterno, troverà spazio anche una Via Lucis.
L’aula liturgica, come Domus Ecclesiae conformata come un sistema organico e in divenire, ritmata dalle variazioni prodotte dal percorso della luce solare, è orientata verso il fuoco absidale che ospita una scultura su vetro stratificato del Cristo al contempo Crocifisso e Glorioso. I due aspetti sebbene successivi cronologicamente (crocifissione e risurrezione), sono riletti teologicamente come facenti parti dello stesso evento come da tradizione Giovannea e come è in uso presso la tradizione iconologica orientale.
In generale, per quanto riguarda l’iconografia e la collocazione delle principali immagini sacre, si è ricercata la loro possibile ricongiunzione al corpo architettonico della Chiesa, nella più stretta integrazione di visione Interno/Esterno e con l’obiettivo di favorire l’incrocio tra antica tradizione iconica e nuove modalità di raffigurazione ed uso di materiali.
Osservando come nelle diverse epoche storiche la rappresentazione del Divino sia sempre stata una sorprendente manifestazione di forme d’arte continuamente innovate, ci si è orientati verso l’utilizzo di stampe digitali su diversi supporti trasparenti o specchianti sovrapposti, ed un uso delle luci di maggiore suggestione e variabilità, così come consentito dalle attuali tecnologie e come necessario “tramite” per uno sguardo contemporaneo ormai abituato a forti emozioni visive.
Nel terzo millennio del Cristianesimo si può scegliere di arrendersi ad una stanca ripetizione di raffigurazioni convenzionali e banalizzate o, all’opposto, ad una tendenza minimalista, quasi iconoclasta. La nostra volontà è stata invece quella di porre particolare attenzione alla raffigurazione del Cristo Risorto, “Et Resurrexit”, a cui è dedicata la chiesa, ed auspicabile simbolo del terzo millennio.
Gruppo di progettazione: Arch. Giovanni Fiamingo; Arch. Giovanna Russo
Artista: Arch. Giovanna De Sanctis Ricciardone
Liturgista: Padre Massimo Cucinotta
Consulenti: Arch. Giovanni Lazzari; Arch. Lara Grana; Ing. Rosario D’Andrea; Arch. Rosa Scorza_Sistemi s.r.l.
Collaboratori: Arch. Domenica Benvenga; Arch. Martina Matarese; Arch. Natalì Sardone
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