La Pasticceria Monastero di S. Chiara ha l’obiettivo di diffondere e tramandare la tradizione dei dolci secchi, strettamente legata alla storia del Monastero. Il progetto non racconta solo un prodotto, ma il mondo nascosto dietro le mura del Monastero, ricco di creatività e laboriosità.
Per questa ragione, elementi protagonisti del progetto sono centrini, pizzi e merletti a forte carattere decorativo, storicamente realizzati dalle suore (ai ferri, al tombolo, a chiacchierino) come decoro per ambienti o per paramenti sacri (in oro e argento).
Materiali ed elementi decorativi, svincolati da tendenze e mode del momento, ricreano un ambiente fuori dal tempo, estraneo alla frenesia della vita quotidiana. Ad indicare ciò, al primo sguardo del cliente avventore, su una mensola, appare un orologio con le lancette ferme e rinchiuso in una campana di vetro. Di qui parte una distesa di centrini, sospesi a varie altezze sul banco dolci, a creare un gioco di luci e ombre. Il banco pasticceria è un volume lineare che, simile ad una colata di glassa bianca, sembra avere continuità nel pavimento. Questo, risale poi, con la sua parte decorativa, a diventare sfondo del retro banco, ricavato nell’apertura ad arco della parete in tufo.
La bancalina in vetro mette in risalto i dolci, poeticamente descritti da frasi su quadretti posti sulla parete opposta ed illuminati da appliques in ottone, appositamente disegnate e realizzate.
Una linea verde pastello percorre il perimetro dell’ambiente e diventa elemento di continuità (corrimano) tra la zona vendita e la saletta somministrazione.
Qui è il pavimento ad essere decorato con ritagli di pizzi e merletti, tramite un bassorilievo tono su tono, evidenziato dalla luce radente perimetrale. La boiserie che riveste le pareti, nasconde la fonte luminosa, creando, come nella zona vendita, una “chiarezza” diffusa degli ambienti, simbolo della purezza, cara all’ordine delle Clarisse. Il legno di betulla, caldo ma chiaro, e le tonalità che vanno dal bianco all’ecrù fanno il resto. Il campanellino vicino ad ogni tavolo, utile per richiamare il personale di servizio, rievoca la pratica tutt’ora utilizzata dalle clarisse, di chiamarsi con i rintocchi di una campana. Maniglione esterno e corrimano della saletta, disegnati appositamente, sono variazioni al tema del decoro con il filato.
Grazie agli accorgimenti nel progetto di illuminazione, distribuzione e arredo, la saletta si trasforma in sala convegni, eventi e corsi. Il paravento (con applicazioni al chiacchierino) nasconde una comoda zona lavaggio; nella parete in fondo è incassata una consolle mobile che diventa banco di lavoro, mentre i tavolini si sdoppiano per dare agli uditori la possibilità di prendere appunti e avere un piccolo piano di lavoro.
Il progetto grafico e di comunicazione riprende gli stessi temi utilizzati internamente (la luminosità ed un centrino come elemento decorativo sono presenti nel logo di colore oro).
Molti mobili del monastero ormai in disuso, restaurati e opportunamente modificati, hanno ripreso vita, assieme alle applique della saletta, i vasi, le anfore, le manigliette, i pomelli e la campana in legno.
Sono stati coinvolti nella realizzazione dei manufatti, artigiani locali (il ceramista e l’ottonaio ad esempio), e le stesse clarisse hanno eseguito i lavori a uncinetto, chiacchierino, ai ferri ed i quadretti in legno.
Con la frase riportata sulla porta d’ingresso, le Clarisse esortano i passanti ad entrare e scoprire la sobrietà, la semplicità e l’attenzione per i dettagli che raccontano uno stile di vita.
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