«Studia la natura, ama la natura, stai vicino alla natura. Non ti tradirà mai».
- F.L.Wright.
Per il mio progetto ho deciso di intervenire in un modo alternativo, stando attento a rispettare
la lezione della composizione.
Due questioni principali ho dovuto affrontare nel corso di questo lavoro: Quali sono i limiti che
separano l’architetto dall’artista ?, Qual’è la differenza tra spazio e ambiente ?
Fortunatamente nel corso dell’anno ho avuto modo di alimentare questi quesiti, e anche tanti
altri, grazie al laboratrio, non inteso solo come materia universitaria, ma come realtà di condivisione
e rapporto fra persone che vivono, gestito da professionisti e frequentato da qualsiasi tipo di studente, che porta con se una storia e un punto di vista
diverso quanto importante.
Secondo il mio parere, Innamorarsi della zona di intervento, è condizione necessaria al fine
di un buon progetto che, come ricorda il professore Ugo Rossi, non dovrà necessariamente
essere il progetto più bello, ma quello più giusto.
Quindi il mio primo intento é stato quello di conoscere perfettamente la zona, innaorarmi di
lei, frequentarla, passarci dei bei momenti insieme, litigarci per poi poterla con dolcezza perdonarla.
La linea é l’elemento più primitivo e necessario, ciò che separa pensiero e progetto.
Questa linea mi ha condotto verso un modulo di 150 cm, questo modulo mi ha condotto
verso una proporzione da rispettare, ma anche da oltrepassare.
L’esercitazione antiprimadonna, teorizzata da Tomás Maldonado, e proposta a noi dal professore
Massimo Breda, pone una grande sfida: L’obiettivo consiste nel far sì che nessuna delle
sette bande, e in generale nessuna parte della configurazione, eserciti il ruolo di primadonna.
Concettualmente il mio progetto cerca di rispettare questo obbiettivo, importante nel design,
quanto in architettura, poiché rispettare e cercare una sorta di equilibrio con ciò che già esiste,
ritengo sia condizione imprescindibile, perciò io agendo in modo differente, ho deciso di non
alzare muri, ma stendere cavi.
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