Il recupero di un complesso di notevole interesse storico-ambientale e la sua successiva destinazione a funzioni di utilità sociale rappresenta un risultato eccezionale sia, per la comunità che direttamente lo fruisce, che per la collettività più in generale. A sottolineare la valenza pubblica dell’impresa, c’è stata una operante collaborazione tra i progettisti incaricati e la Soprintendenza di SA, collaborazione intensa e vivace in quanto non sono mancati momenti di dibattito acceso, sempre però sfociati nell’individuazione di soluzioni condivise. Il Convento dello Spirito Santo, con i suoi affascinanti ruderi ed il suo contesto ambientale quasi incontaminato, si presentava, già prima dei lavori, come un simbolo della memoria collettiva; pertanto il suo recupero e riuso, al di là del restauro materiale delle strutture, aveva come ulteriore obbiettivo la conservazione delle radici storiche, culturali ed ambientali della comunità. L’idea guida del progetto di restauro è stata centrata intorno alla conservazione dei valori del passato, intesi in rapporto con i concetti di “memoria” e “ tradizione”; valori presenti in opere che sono la manifestazione della creatività non tanto di un singolo architetto, ma di una comunità, attraverso la sua evoluzione storica e la concretizzazione della sua cultura. Nonostante la scarsità di documentazione, ha preso sempre più corpo l’ipotesi che il convento sorgesse sul sito di un’opera fortificata preesistente; avvalora tale tesi in primo luogo l’esame più ampio del contesto ambientale nel quale il manufatto si colloca, la sua posizione preminente rispetto alle sottostanti vie di comunicazione, nonché gli elementi superstiti ancora leggibili nell’architettura. Nell’angolo nord-ovest del Convento è chiaramente visibile un torrione circolare del tipo angioino-aragonese che si può considerare come il nucleo più antico dell’intero insieme; pertanto, è possibile ipotizzare che il convento sia stato eretto su una preesistente opera fortificata edificata per motivi strategico- difensivi e, in epoca successiva, il torrione è stato annesso alla chiesa. Il resto delle strutture superstiti restaurate lascia presumere che il monastero fu realizzato tra il 1400 e il 1500, intorno ad un chiostro centrale in cui è ancora oggi visibile il pozzo e l’antica cisterna. Il Convento dello Spirito Santo si presentava, prima dell’inizio dei lavori, in condizioni di estremo degrado essendo completamente crollate le coperture della chiesa e delle celle situate ad est. L’indirizzo metodologico del restauro è stato quello di limitare al minimo indispensabile le ricostruzioni ed in tale ottica si è deciso di non ricostruire l’ultimo livello, lungo il lato ovest, lasciando visibili sul prospetto gli squarci corrispondenti alle finestre delle celle dei Padri Agostiniani. Si è tentato di valorizzare gli elementi esistenti rinunciando in molti casi ad ipotetiche e forzate ricostruzioni, pur nel rispetto della preesistente spazialità architettonica. Gli spazi esterni al convento, vista la bellezza dei luoghi, sono stati resi rispettosi del tono rurale e modesto che caratterizza il convento e finalizzati a mediare i giusti equilibri visivi tra la linea d’orizzonte della valle e i passi misurati all’interno dell’eremo. Il risultato del recupero consente di apprezzare l’edificio in tutto il suo spessore storico, di comprenderne la natura complessa e stratificata, ne permette l’utilizzo in chiave moderna ed adeguata alle esigenze della comunità.
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