Microutopia è un pezzo di città, un piccolo villaggio, con strade, viottoli, scalinate, scalette, piazze, giardini e case.
Microutopia è il villaggio dell'abitare, del lavoro, del gioco, del rilassarsi, del mostrare, dello sperimentare, dell'incontro......
Microutopia è il villaggio dell'ibridazione sociale, una bidonville di sopravvivenza dove nel suo prezioso arcipelago si ha il piacere di innestare sempre nuove relazioni.
Microutopia è lo spazio viscerale del sottosistema urbano, che supera la rigidità della costruzione andando verso quell'architettura enzimatica, debole, senza limiti, liquida nelle funzioni ma diffusa nei piccoli anfratti urbani.
Microutopia è un recinto rarefatto, imperfetto, ancora incompleto, elastico e reversibile che corrisponde direttamente alle necessità mutanti di una società riformista che rielabora continuamente il proprio assetto sociale e territoriale.
Microutopia nasce da un luogo dismesso e si rifunzionalizza per ridismettersi e rifunzionalizzarsi continuamente, in un ciclo continuo di trasformazione spaziale, formale e funzionale inserendosi nei processi di trasformazione del territorio.
Microutopia è un architettura non più segnata da confini chiusi, ma da filtri aperti. E' un'architettura astratta, non figurativa, corrispondente non ad un luogo ma ad una condizione, una condizione sociale.
Microutopia è luogo non più da guardare ma un luogo esperenziale. Un flusso di scambi illimitati, un mercato di azioni e di equilibri. Un luogo ibrido, un grande laboratorio. Un luogo che non arriva mai a completamento ma è sempre permanente, senza programmi, intercambiabile nelle sue parti.
Microutopia è un'architettura didattica, capace di liberare le potenzialità creative dell'individuo. E' un luogo protettivo, familiare, efficiente e autosufficiente.
Microutopia è una scuola, un laboratorio, una galleria, un teatro, un giardino, una piazza, un ufficio, un museo, un cortile, una casa............
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