"Esiste in mezzo al tempo la possibilità di un'isola"(Houellebeq), potrebbe essere il titolo di un "piccolo" ufficio direzionale al Tecnopolo Tiburtino; "piccolo" non in senso stretto ma in quanto trattato come si fa con un'opera minuta, usando quasi la logica dell'artigiano. Esso e' un esempio di come si siano tradotte le esigenze di un committente "tecnologico" in realtà; un'astronave per lavorare che diventa luogo intimo, "possibilità di un'isola" appunto. Gli elementi che fanno parte di questa composizione sono una sala d'attesa, un ufficio, una sala privata, una "promenade" attraverso Super-io, io, Es, accostati secondo la pratica della natura morta Metafisica, in cui elementi disposti in un rebus, trovano senso a seconda del racconto che sta sopra di loro. Il giardino segreto nascosto dietro una casa archetipica, il salotto nero dell'enigma, tutto dentro uno scrigno foderato in legno di Pero è il primo colpo d'occhio di una scrittura volutamente elegante e sospesa nel tempo. L'architettura suggerisce questo senso del "galleggiare" grazie anche ad un elemento strutturale,ossia una porzione dell'ufficio che in parte aggetta ed è completamente di vetro, immediatamente simile ad un cristallo incastonato nella roccia grezza, così come il piccolo ambiente si innesta nella facciata del palazzo. Inoltre il fatto che l'ambiente sia totalmente rivestito da una "boiseries" fa si che le pareti siano lavorate come una scultura, dietro la quale si nascondono i fili di una tecnologia altrimenti troppo ingombrante. Ad elementi estremamente contemporanei,quindi,quali tavoli "intelligenti" che ospitano computers e tutto quanto concerne i meccanismi di funzionamento dell'intero ufficio,si affiancano testimonianze di indagini introspettive,che reinterpretano in chiave contemporanea il concetto di studiolo quale luogo riflessivo del lavorare in solitudine.
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